drammaturgia e messa in opera Roberto Scappin e Paola Vannoni | Quotidianacom
In teatro avviene una paralisi. Una paralisi del reale, in cui il reale viene esasperato, In cui nessuno può tirarsi indietro, nessuno può dire: Io non sapevo, io non c’ero.
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Per noi è vitale lavorare nell’incondizionata sobrietà e concisione, che troviamo appropriata a questi tempi di crisi. Vorremmo condividere anche con persone non di settore, con i cittadini “comuni” la nostra pratica del teatro, ospitandoli in una dimensione mentale e politica, che chiamiamo il coraggio del proprio pensare.
Il dialogo sul tempo presente è il nostro pane quotidiano, la nostra attitudine al fare cultura, non solo promuovendo la ricerca creativa, ma sollecitando il ruolo operativo e “disobbediente” dell’intellettualità.
Il progetto ha il preciso intento di rendere esplicita la modalità della nostra ricerca che si sviluppa da un assunto di base: essere interpreti di un teatro contemporaneo implica necessariamente l’esserne autori, nell’atto di offrire una lettura critica del reale e nella propensione al suo superamento.
Lavoreremo sulla creazione di una drammaturgia che prende forma e viene elaborata in scena, e solo sucessivamente delimitata nella scrittura.
Crediamo sia erroneo pensare che l’opera drammaturgica sia riservata all’esercizio di pochi. Ogni persona di media cultura dotata di spirito critico, con una discreta propensione alla conflittualità e all’autoironia può, a nostro avviso, rendere estremamente credibile il proprio agire scenico.
Se il foglio bianco può rappresentare un impedimento, la scena spoglia si presta invece ad accogliere con minore serverità i pronunciamenti scomposti della mente.
Fatte alcune necessarie premesse, non ultima la distinzione tra “pensiero convergente” e “pensiero divergente”, ci porremo in una condizione di assolutà libertà che è autonomia nel porre domande e dare risposte, sottraendo alla recitazione l’energia utile al pensiero, così che la parola sia solo nominata e l’emozione affidata unicamente al senso della relazione tra chi agisce e chi partecipa, tra il performer e lo spettatore.
Ci porremo nello spazio vuoto, disponibili a essere parte di quella sospensione del tempo che infine concede di poter discettare a proposito o a sproposito di qualsiasi tema.
In questa dimensione dilatata e immobile il pensiero esplora traiettorie impreviste, combinando comico e tragico, assurdo e atrocemente reale, possibile impossibile, finito e infinito.
Utilizzeremo la videocamera come strumento di lavoro. L’essere ripresi è parte integrante del lavoro di laboratorio.
I partecipanti lavoreranno in coppia in sedute di 30 minuti circa. I dialoghi ripresi verranno poi rivisti e commentati e insieme si andranno a individuare quelle parti che entreranno a far parte della drammaturgia.
Solo allora si procederà alla scrittura del testo, avendo cura di non tralasciare le didascalie.
La fase successiva consisterà nell’armonizzare i testi prodotti che confluiranno in un unico atto scenico.
Chiediamo ai partecipanti di portare con sé il desiderio di mettersi in gioco. Ognuno sarà chiamato sulla scena e ciò che chiediamo non è la qualità performativa, ma l’attitudine al pensiero critico, alla disputa, al confronto politico con l’altro da sé.
Chiediamo di portare con sé spirito umoristico e caustico e questioni e temi “scomodi” sui quali confrontarsi.
La prima edizione di “Santa pazienza” ha debuttato al Festival Inequilibrio di Armunia a luglio 2016.